PUNTUALI ALL’APPUNTAMENTO CON LA STORIA!

“Il Pedrocchi”, immaginato così tra virgolette come una definizione da enciclopedia, a Padova lo conoscono tutti. Il “Caffè Pedrocchi” lo conoscono anche milioni di turisti che da ogni parte del mondo arrivano nella Città del Santo per visitarlo, insieme alle altre meraviglie dell’Urbs picta, una delle pochissime città ad avere due siti riconosciuti dall’Unesco. È in questa sede straordinaria che si è tenuto l’ultimo incontro del Cenacolo.

Vocazione del sodalizio è promuovere la pratica sportiva e i valori che l’accompagnano, ma anche unire a essa cultura e solidarietà. Così l’evento si è aperto con la visita alle sale del Piano Nobile, un vero e proprio scrigno di bellezza e storia: oltre alle linee dell’architettura di Jappelli, raffinata e sobria nello stesso tempo, alle decorazioni e alle pareti affrescate, ciascuna ispirata alla rivisitazione artistica di un’epoca del passato, nelle stanze che ospitano il museo si possono vedere le testimonianze del ruolo che Padova, i suoi cittadini e la sua università hanno avuto durante le gloriose giornate del Risorgimento. L’8 febbraio 1848 alcuni studenti si asserragliarono infatti all’interno dello stabilimento al grido di “Viva l’Italia” mentre erano bersaglio delle schioppettate dei gendarmi austriaci, i cui segni sono ancora presenti nelle sale del pianterreno. I soci del Cenacolo hanno potuto godere della competenza di una “guida” d’eccezione, che volentieri ha messo a disposizione le sue vaste conoscenze: Andrea Colasio.

L’Assessore alla Cultura ha illustrato con dovizia di particolari e stile accattivante sia le peculiarità dei locali sia il loro contenuto: nelle teche del museo, infatti, sono conservati numerosi documenti e testimonianze dei 150 anni di storia che vanno dalla caduta della Serenissima nel 1797, alla Grande Guerra fino alla definitiva conquista della libertà e della democrazia con la promulgazione della Costituzione della Repubblica nel 1948. È seguito poi il momento conviviale, nella Sala Rossini, ma nemmeno questo è stato fine a se stesso: durante la cena si è esibito il flautista ucraino Stanislav Zubytskyi che ha eseguito anche alcuni pezzi di sua composizione e ha parlato del dramma che sta vivendo il suo Paese.

Uno dei soci del club, Simone Salata, ha presentato una famiglia che lui ospita generosamente in una casa di sua proprietà: tutti hanno potuto ascoltare dalla voce della signora Oksana e vedere nello sguardo dei suoi figli la tragedia di chi deve abbandonare tutto e lasciare ciò che gli è più caro per salvarsi la vita. Il presidente Manuele Molinari ha così lanciato l’iniziativa di solidarietà del Cenacolo e in pochi minuti sono stati raccolti più di mille euro.

Sono stati consegnati al musicista Zubytskyi: ringraziando commosso, ha dichiarato di voler dare a quest’aiuto il segno della speranza e che per questo saranno destinati alle iniziative di ricostruzione post-bellica. Il Cenacolo ancora una volta si è presentato coerente a se stesso e puntuale all’appuntamento con la storia.

Lorenzo Guella

MOLINARI BIS ALL’UNANIMITA’

Manuele Molinari è stato rieletto all’unanimità Presidente del Club di cultura e opinione sportiva Il Cenacolo. La votazione è avvenuta online il 18 marzo via zoom. Nell’occasione sono stati anche assegnati gli incarichi del nuovo Consiglio Direttivo del club che risulta così composto:

Vice Presidenti:

Guido Parmeggiani e Fabio Tronchetti

Tesoriere:

Guido De Agostini

Segretario:

Giampaolo Ferrari

Addetto Stampa:

Paolo Donà (coadiuvato da Paolo Braghetto)

Comunicazione Stampa:

Stefano Edel

Comunicazione internet:

Luca Baldan

Consiglieri:

Paolo Benini

Paolo Dalla Via

Roberto Forcellini

Roberto Pastorello

Sergio Melai

Collegio Probiviri:

Giorgio Calore

Fabio Di Stasio

Mario Liccardo

L’avvocato padovano confermatissimo alla guida del sodalizio ha così commentato: “Sono onorato della stima che mi è stata accordata dal consiglio direttivo. E’ stato un periodo impegnativo per la pandemia e il lockdown che ci hanno messo in difficoltà, ma sarà uno stimolo in più per fare sempre meglio”.

IL CENACOLO RICORDA GIANNI DI MARZIO

Il Cenacolo si unisce al lutto di Gianluca Di Marzio e famiglia per la scomparsa di Gianni, indimenticato allenatore e direttore sportivo del Calcio Padova, noto anche per essere stato il primo scopritore del talento di Maradona.

Non posso non associare l’anno dell’arrivo di Gianni Di Marzio a Padova come tecnico alla mia attività di giornalista (Padova Sport, Il Gazzettino). Il ricordo è una clamorosa “trasferta” datata novembre 1984 quando la sede del Padova Calcio, all’immediato arrivo del nuovo allenatore, viene bombardata di telefonate che invitano Di Marzio improvvisata la stessa sera. I club patavini di tifo organizzato sono sei e tuti vogliono avere ospite da loro il grande maestro partenopeo. Di Marzio, sorridendo, accetta con piacere vedendo oltretutto un’inaspettata manifestazione di entusiasmo e comincia il tour verso le 20, scelto secondo una logica geografica. Al suo seguito il sottoscritto giornalista ha assistito a scene kafkiane: brindisi alle stelle ovunque (mezz’ora in ogni posto) con un’inevitabile confusione di piatti. Giungendo nei vari luoghi in orari diversi della cena, abbiamo gustato il dessert prima dell’antipasto mescolando in sana allegria primi, secondi e bicchieri. Qualcosa di spettacolare che ha lasciato sinceramente di stucco Di Marzio. Secondo un mio rapido conto quella sera almeno mille tifosi lo hanno osannato e hanno voluto congratularsi con lui. A distanza di quasi 40 anni una memoria indelebile.

Paolo Donà

FESTA DEGLI AUGURI, UN SUCCESSO CON LODE

Favorevoli commenti dei soci riguardanti i vari aspetti della Festa degli auguri firmata Cenacolo 2021.

VILLA BORROMEO

Il ramo padovano della nobile casata lombarda si è fatto onore: una location del tutto all’altezza delle abitudini del Cenacolo. Una villa ariosa, con spazi ben distribuiti; un menu sicuramente interessante, che rivaluta la non sempre ineccepibile percezione di catering, e un servizio vorremmo dire gioioso.

UNA SERATA CON GABRIELLA DORIO STAR DI CASA NOSTRA,
RITMO E CONTINUA PIACEVOLEZZA

Il genuino show di Gabriella Dorio, oro a Los Angeles nel 1984; l’intervista di Stefano Edel a Dino Ponchio, fresco presidente del Coni Veneto; l’intervento canoro di Ester Viviani accompagnata da un duetto di assoluto valore; la presentazione del libro di Roberto Sandon “Maestri di innovazione, di vita, di sport”; l’ingresso del nuovo socio Lorenzo Guella (assieme a Silvio Martinello, grande speaker Rai e ora Cenacolo); il filmato sul fantastico anno dello sport azzurro; l’accorato appello per aiutare il piccolo Marcello. Questi i momenti salienti di una serata letteralmente “volata via” nell’ormai codificato sentimento di una formidabile amicizia che lega i soci.

L’ORO DI LOS ANGELES 1984: “MA QUALI SACRIFICI”

Dimenticata involontariamente dal Cenacolo nella grande festa degli olimpionici padovani in quanto da sempre considerata vicentina, ma in realtà nativa di Veggiano, ha sfoggiato la sua geniale carica di simpatia, fatta di “pensieri che pensa” al contrario di altri colleghi che preferiscono rifugiarsi nelle più comode e mentalmente meno dispendiosa opzione delle frasi fatte. E così la 65 volte nazionale nel mezzofondo, oro nei 1500 a Los Angeles davanti alle eterne rivali romene Melinte e Puica (“pollastra”), detentrice di 12 primati italiani, e un palmares impressionante, ha “contestato” la marea di atleti che a ogni successo abbinano il racconto dei sacrifici fatti. “Ma che sacrificio può essere vincere – ha ribadito più volte – casomai si può parlare di massimo impegno“.

PONCHIO: “UN 2021 IRRIPETIBILE? ASSOLUTAMENTE NO”

Dino Ponchio, dalla nascita, non ha mai fatto uso di frasi banali e luoghi comuni per rispondere alle domande di una intervista. Figuriamoci di fronte a una annata 2021 che ha riservato allo sport azzurro le più incredibili e inaspettate soddisfazioni. Il senso delle sue decise risposte è stato uno solo: “Nulla è avvenuto per caso, faremo di più e meglio”. Per la gioia dei presenti. Conoscendo bene un dirigente come Ponchio di chiara fama ed esperienza internazionale, che nelle sua navigate abitudini linguistiche si avvale di un non comune senso dell’equilibrio, non possiamo che attendere con curiosità e frenesia i prossimi sviluppi.

ESTER, UN BEL SORRISO NATALIZIO

Ci conosciamo da bambini, confinanti di casa. Non ha mai smesso con la passione di cantare e di presentare spettacoli. L’esibizione canora di Ester al Cenacolo ha fatto doppiamente piacere, perché la signora Viviani in Giaretta (sì, Paolo) dà sempre il meglio di sé anche se in presenza di persone che conosce da mezzo secolo. A proposito di tempi, è sempre uguale. Bravissimi i maestri Filippo Maretto (violino) e Claudia Desiderio (piano) che hanno accompagnato la cantante.

SANDON, UN LIBRO PER TUTTE LE ETA’

Troppo timido per esaltare il suo ottimo (e primo) libro, il buon Roberto Sandon ha esordito nel segno di “scusate sono arrivato adesso”, ma poi si è gradatamente sciolto, arrivando a farci ricordare il tenero Giacomo – tenero non era – che rimandava all’ultima pagina della Domenica Enigmistica, dove si scatenava con impreviste bacchettate. Complimenti a Sandon, un vero signore di vita d’altri tempi, ma quanto mai attuale con il suo originalissimo modo di esprimere le idee. Il suo “Maestri di innovazione, di vita, di sport” merita di essere letto e riletto, adatto per figli, genitori, atleti e dirigenti sportivi.

LORENZO GUELLA, E’ UN PROFESSORE IL SOCIO NUMERO 100 DEL CENACOLO

L’ha voluto, l’ha aspettato, l’ha ottenuto. Il professor Lorenzo Guella, docente di materie letterarie al liceo classico Tito Livio e titolare di due cattedre universitarie per i corsi di intermediazione linguistica, è il socio numero 100 del Cenacolo. Presentato dal sottoscritto, che lo ritiene adatto al 100 (ovviamente) per cento allo spirito del Cenacolo, ha subito mostrato le sue qualità di accattivante e intelligente istrione che vanno ben oltre i libri da lui scritti. Significativo il fatto che già nel 2009 il Mattino di Padova gli ha dedicato un lungo articolo, dove la notizia era l’assalto degli studenti per iscriversi alla sua sezione. Istruttore di arti marziali, ex atleta di salto con l’asta all’Assindustria Sport, ex allievo e amico del campione Renato Dionisi, suo concittadino essendo nativo di Riva del Garda. Per me, un grandissimo amico… dal primo minuto.

 

GIANNI LAZZARETTO, AMARCORD DEL CALCIO
Una new entry del Cenacolo è anche rappresentata da Gianni Lazzaretto, eclettico personaggio conosciuto in duplice veste: calciatore del Padova negli anni Settanta e imprenditore del settore vitivinicolo. Per l’occasione l’inossidabile Gianni ha messo a disposizione i suoi apprezzati vini, esprimendo nel contempo la soddisfazione di essere entrato nel gruppo.

FORZA MARCELLO, CE LA FARAI

Un momento emozionante della kermesse è stato l‘intermezzo sulle vicissitudini di salute del piccolo Marcello, già operato negli Usa per una rara e costosissima malattia, e ora bisognoso di un intervento bis in Europa. Ha fatto gli onori di casa Adelia Reffo, moglie del socio del Cenacolo Umberto De Gaspari, che si è interessata personalmente a una grande colletta per pagare le spese.

GIORGIO CALORE ALL’INDIETRO, GIAMPAOLO FERRARI IN AVANTI

Giorgio Calore, oltre che una squisita persona, è anche spiritoso e mi perdonerà quindi l’innocente titoletto. Quanto mai interessante il suo libro sul retrorunning, disciplina nuova e divertente, regalo gradito per i soci del Cenacolo.

Altrettanto gradita la pubblicazione di Giampaolo Ferrari (incasso in beneficenza a favore del Down Dadi), sui pensieri di una “persona genuina”. Qualche riflessione a largo respiro sembra ovvia, ma provate voi a metterla in pratica..

Paolo Donà

 

“SPORT E SALUTE”: QUANDO LA QUALITA’ GARANTISCE IL SUCCESSO

Su Google, i risultati che emergono cliccando “sport” sono 24 miliardi, quelli di “salute”, oltre due miliardi. Una conferenza sul tema che assomma le due voci fa spontaneamente venire annunciati brividi diciamo di noia, senza scendere a una scontata banalità. E invece la conversazione del professore Antonio Paoli nella sede del Cenacolo alla Montecchia di Selvazzano ha riscosso unanimi e forti consensi di interesse. Il prorettore, con delega al benessere e allo sport, ha spiegato con mirabile chiarezza e notevole profondità quanto attiene a un binomio inflazionato di discorsi, tra l’altro non di rado supportati da mancanza di fondamenti scientifici.

L’intera serata, imperniata sulla consegna della borsa di studio da 2.500 euro alla migliore tesi innovativa e sperimentale presentata a Scienze motorie (presidente di commissione Tatiana Moro) nel quadro di una prestigiosa collaborazione del club presieduto da Manuele Molinari con l’ateneo patavino, ha creato voglia di ascoltare e voglia di chiedere.

MOLINARI: “UN ULTERIORE SALTO DI QUALITA’

Ovviamente più che soddisfatto il presidente del Cenacolo: “Incontri come questo non fanno altro che promuovere un ulteriore salto di qualità del nostro sodalizio. Abbiamo ascoltato con la massima attenzione il professor Paoli, che sta assumendo un ruolo sempre più importante da tutti i punti di vista nel nostro gruppo, assieme alla professoressa Tatiana Moro e ai graditi ospiti dell’Università. Una serata da ricordare”.

ANGELO RIGHETTO, IL FELICE VINCITORE

Il premiato, simpaticamente disinvolto nello spiegare le problematiche della lombalgia in chi pratica sport, ma al tempo stesso visibilmente emozionato, ha l’aspetto del bravo ragazzo che ogni mamma vorrebbe e uno sguardo da… leader. Non ha utilizzato termini banali, non si è addentrato nei luoghi comuni sempre pericolosi. In pratica, oltre al valore della sua tesi, ha dimostrato di possedere già la giusta maturità e mentalità per affrontare a 360 gradi le difficili sfide della vita, al di là di ogni facile retorica.

PIACERE MARTINELLO, SONO IL NUOVO PRESENTATORE. E ANCHE NUOVO SOCIO”

Non possiamo che gioire e sentirci tutti orgogliosi di avere tra le fila del Cenacolo uno dei più grandi campioni del mondo nel ciclismo di tutti i tempi, soprattutto come eccezionale pistard. In pista Martinello ha raccolto 5 titoli iridati e una medaglia d’oro alle Olimpiadi.

Se la serata “Sport e salute” evoca il gettonatissimo “mens sana in corpore sano”, la parte riservata a Martinello fa pensare al celebre “due piccioni con una fava”, perché oltre a essere stato nominato socio del Cenacolo è ora anche speaker ufficiale, dopo anni di trionfi linguistici in Rai. Per il nostro club, un lusso fantastico.

BUONANOTTE, ALLA PROSSIMA”. E NESSUNO SI MUOVE

L’abbiamo già notato, ma continuiamo a farlo con piacere. Al “rompete le righe” del presidente Molinari, tutti i soci si alzano dalla sedia, ma… nessuno se ne va. Il rimanere ancora a chiacchierare è probabilmente il parametro più attendibile per misurare il successo di una serata. Last but non least, il migliorato menu e l’altrettanto migliorato servizio.

Paolo Donà

“BISBE” FABIANO INCANTA IL CENACOLO: 67 ANNI SU 91 DEDICATI AI CANESTRI DI VITA

Nel suo libro “Us Petrarca, una sfida all’Italia”, Gianni Brera dedica solamente una pagina e mezza su 150 complessive alla sezione del basket, però Fabio Fabiano compare già nella prima riga. Una combinazione? No, perché il novantunenne tecnico bianconero, allenatore da 67 anni, dedicati soprattutto alle formazioni giovanili, detiene quasi sicuramente (non esistono statistiche ufficiali) il record mondiale di longevità professionale con anni luce di vantaggio sulla concorrenza.

Fanatico come sono di statistiche a 360 gradi, mi sono divertito, qualche giorno prima dell’assegnazione del premio Sportività a Fabio Fabiano nel corso della grande serata organizzata il 19 ottobre dal Cenacolo alla Montecchia di Selvazzano, a scovare su Internet & company i maggiori stakanovisti di basket, calcio, pallavolo e rugby. Nessun problema: Fabiano può puntare tranquillamente nel suo lavoro a quota 100, e non certo nel senso della politica nostrana. Solo l’osservatore del Genoa football, Giovanni Muroni, ex tecnico in Seconda categoria del Castelsardo, può vantare una parvenza di vicinanza al record.

PIACERE, MI CHIAMO BISBE

Per il mondo della pallacanestro, è semplicemente “Bisbe”, diminutivo di bisbetico. “Punzecchio sempre quando parlo”, ama dire. In realtà, il nome originale in inglese della celebre commedia di William Shakespeare “La bisbetica domata” è “The taming of the shrew”), “L’addomesticatore del toporagno”. Ma è anche vero che il predecessore del bisbetico Fabio è Caterina Minola, padovana di contrada Santa Lucia, dove l’immenso commediografo inglese ha ambientato (e sembra che sia stato a Padova) la “Bisbetica domata”. Più che un affettuoso bisbetico, Fabiano è sembrato un fenomeno di leggerezza di vita accompagnata da una acutezza del tutto fuori dagli schemi e da quel buon senso di cui oggi vi è tanto bisogno.

TANTI OSPITI, TANTA QUALITA’

Ad applaudire il premiato, una ricca cornice di ospiti: Gherardo Bonetto, Alberto Tonzig, Gigi Peroni, Alfonso Stefanelli, Pino Stefanelli, Franco Formenti, l’inossidabile virtussino Gianfranco Bernardi, il socio sindaco di Padova Sergio Giordani, il presidente del Coni regionale Dino Ponchio, il vicerettore dell’università di Padova Antonio Paoli con Tatiana Moro. A tavola una logica abbuffata di ricordi a go go, in particolare al mitico campionato che il Petrarca trascinato dal fuoriclasse americano Doug Moe ha terminato al terzo posto dietro Simmenthal Milano e Ignis Varese. Era il 1965-66.

MOLINARI: “PADOVA CITTA’ SEMPRE PIU’ SORPRENDENTE. E VINCENTE”

Il presidente del Cenacolo Manuele Molinari non nasconde la sua soddisfazione al termine della serata; “Mi convinco sempre di più che la nostra città possiede un incredibile numero di personaggi. Sono rimasto sorpreso da Fabio Fabiano, lucido quanto mai e profondo dispensatore di buon senso. Ottima serata, grande spirito di aggregazione tra soci e ospiti. Una nota di merito anche per la qualità del menu e il servizio. Il tempo è sembrato volare e alla fine della serata diversi soci sono rimasti a conversare, un segnale molto confortante e gratificante”. Poche ore dopo la serata del Premio Sportività, il padovano di Este, Liam Bertazzo, conquistava la medaglia d’oro nell’inseguimento a squadre di ciclismo ai mondiali di Roubaix. Morale della favola: prossimamente sarà anche lui un grande ospite..

PREMIO VAN ZANDT, MIGLIORE ALLENATORE DELLA SERIE A

Nel 1968, Fabio Fabiano, dopo essere stato l’assistente di Aza Nikolic alla guida del Petrarca (prestigioso terzo posto come detto nel campionato 1965-66), diventato primo tecnico della formazione bianconera, riceve il premio Van Zandt quale migliore coach della serie A. Un riconoscimento di grande spessore, anche per la caratura del personaggio a cui era dedicato il trofeo. Elliott Van Zandt, americano dell’Arkansas nonostante le origini olandesi del cognome, era un capitano di fanteria di colore che ha combattuto in Italia la Seconda guerra mondiale.

Per una serie di combinazioni, alla fine degli anni Quaranta è stato nominato commissario della squadra nazionale azzurra di basket, ottenendo tra l’altro un lusinghiero quinto posto agli Europei. In cinque anni, ha conquistato 33 vittorie in 45 partite. L’eclettico personaggio, passato poi al mondo del calcio, è diventato il primo preparatore atletico d’Italia nelle fila del Milan di Liedholm e Schiaffino. Che beffardo destino: Van Zandt è deceduto nel 1959 mentre si stava recando a Chicago per una operazione al rene: l’aereo è precipitato nell’Oceano. Naturalmente per Fabio Fabiano il premio Van Zandt non è l’unico riconoscimento: nel 2016 al tecnico padovano è stata attribuita la Palma di bronzo del Coni, e dal 2003 è allenatore emerito della Federazione.

Significativo un commento, per quanto brevissimo, che Fabiano in tutta sincerità ha fatto durante l’aperitivo del Cenacolo, in pratica non più di mezz’ora dopo avere conosciuto alcuni soci del club: “Però, tanta roba”. Un eloquente movimento delle braccia roteanti ha accompagnato e suffragato la prima impressione che ha avuto nella serata a lui dedicata. “Non pensavo”, ha subito aggiunto. E la maniera con cui ha risposto alle domande dei presenti (e del sottoscritto, nella veste di conduttore) ha confermato che l’incredibile personaggio si è divertito, potendo lasciare un potente segnale da “Bisbe”. Come è nella sua natura.

QUELLO STORICO 66-60 RIFILATO DAL PETRARCA AL SIMMENTHAL

Ogni città (o nazione) possiede la partita del secolo, quell’incontro irripetibile destinato a rimanere per sempre impresso nella memoria: il 4-3 di Italia-Germania ai Mondiali del 1970 in Messico, che per la prima volta in assoluto determinò nonostante fosse notte fonda il “tutti in Prato della Valle” per festeggiare; a livello cittadino, il 4-4 nel 1949 con il mitico e invincibile Torino (4-3 per i biancoscudati a un quarto d’ora dalla fine) oppure l’1-1 con la Juve all’Appiani (1959), match giocato senza la recinzione a bordo campo. Fuori Italia, il successo per 2-1 delle isole Far Oer sull’Austria in Coppa Europa o la fresca vittoria, sempre per 2-1 dei moldavi della TransNistria sul campo del Real Madrid nella Champions.

Nella serata del Cenacolo, non si poteva non ricordare il 66-60 rifilato dal Petrarca al Simmenthal il 16 gennaio 1966. Fabiano era il vice di Nikolic, considerato tra i migliori allenatori europei. E giocavano Tonzig e Stefanelli, presenti alla conviviale. I bianconeri erano secondi in classifica, a pari punti con l’Ignis Varese e a due lunghezze dalla capolista Simmenthal, che avrebbe poi vinto il torneo. Il formidabile nuovo acquisto, l’americano Doug Moe, scartato proprio dal Simmenthal, si prende la più colossale delle rivincite, coadiuvato in maniera impeccabile dalla squadra. A due minuti dalla fine, sul 60 pari, è costretto a uscire per falli, dopo avere realizzato da solo 41 (!) punti. I presagi più cupi si addensano sui petrarchini, rimasti privi del loro fuoriclasse. Ma con incredibile freddezza, Varotto con quattro liberi su quattro e un tiro da due dalla distanza (non esistevano ancora i tre punti) chiude il conto con gli esterrefatti rivali.

Il palazzetto dell’Antonianum, trascinato dal tifo del “capo” Tota (era mio vicino di casa, ma anche di posto) diventa così una bolgia infernale, ognuno si è sentito vincitore nella sua dimensione, anche i… cappotti che venivano fatti roteare vorticosamente dai ragazzi assiepati nelle tribunette dietro le plance quando gli avversari battevano i tiri liberi: i precursori dei laser. La lunga giornata si conclude nel migliore dei modi. Perchè lunga giornata? I cancelli dell’impianto erano aperti dalle 9.30, otto ore prima dell’inizio dell’incontro. Con 674 punti e una media di oltre 30 a partita, Moe vinse il titolo di capocannoniere. Probabilmente il migliore giocatore mai arrivato in Italia, secondo solo a Bill Bradley, acquistato dal Simmenthal soltanto per le partite di Coppa, come da regolamento di allora.

Il ricordo di quella memorabile sfida e di quel meraviglioso periodo ha permeato di sé la splendida serata del Cenacolo, organizzata da Roberto Forcellini e Paolo Benini, senza dimenticare naturalmente Paolo Ferrari.

Alla prossima e grazie per l’attenzione.

Paolo Donà

ARBITRI PREMIATI: UNA IMPECCABILE DIREZIONE DEL CENACOLO SENZA VAR. E’ CONFERMATA LA FAMA DI PORTAFORTUNA

Trentalange telefona all’ignaro Chiffi 36 ore dopo la festa per comunicargli la nomina a internazionale. Gli inediti retroscena raccontati dalla madre, la campionessa mondiale Master di atletica Umbertina Contini.

Pare che qualche scienziato abbia isolato il gene della sfortuna, ma sicuramente il Cenacolo, senza scomodare la scienza, ha inventato il gene di sistematico portafortuna. Seguendo ormai una consolidata tradizione, un giorno e mezzo dopo la festa degli arbitri di varie discipline sportive alla Montecchia martedì 28 settembre, Daniele Chiffi ha saputo ufficialmente di essere stato nominato “internazionale”.

Do la precedenza, prima di parlare della serata, al racconto dell’inedito retroscena riguardante la nomina del direttore di gara padovano. In tempo reale, mi arriva dall’uccellino la notizia del prestigioso salto di qualità del nostro prestigioso “fischietto”. Scusate, in 30 anni di giornalista al Gazzettino non ho mai usato scrivere in prima persona, ma tra amici per comodità di descrizione me lo concedo. Naturalmente voglio verificare la veridicità della fonte, pur autorevole, alla quale era sfuggita l’ammissione.

Tento allora di contattare la madre Umbertina Contini, simpatica mia conoscenza da decenni, che però, per sua stessa confessione, risponde con il contagocce al telefonino per non essere invasa da messaggi pubblicitari. La professoressa è una figura di livello assoluto nell’atletica Master, avendo vinto nella velocità otto medaglie internazionali tra titoli mondiali ed europei e una sessantina di allori italiani. Finalmente, dopo avere visto le mie telefonate, mi risponde e volentieri racconta: “Martedì sera, quando è stato ospite del Cenacolo, mio figlio Daniele non sapeva nulla. L’altro ieri (giovedì 30 settembre, ndr), stavo parlando con lui al telefono mentre era diretto in auto a Coverciano, quando mi dice “scusa mamma, ho una telefonata in linea, ci sentiamo più tardi”.

Era Trentalange, il presidente dell’Associazione italiana arbitri, il quale ha comunicato a mio figlio, del tutto ignaro – il suo passaggio ufficiale a internazionale con l’approvazione anche della Figc dopo quella dell’Aia. Per l’Uefa – gli ha spiegato – è una pura formalità”. Che persona è Daniele Chiffi? “Riservata, forse anche un po’ timida, mai una parola fuori dalle righe e sempre con i piedi per terra. Possiede grande determinazione ed equilibrio, sicuramente non fa lo spavaldo. A parte il padre, nessuno in famiglia si era mai interessato al calcio. Mio figlio ha cominciato con il minibasket, poi ha praticato atletica con buoni risultati nei 400 e negli 800, e proprio questo tipo di allenamento gli permette di correre più degli altri in campo. Una bella soddisfazione”.

TRA FISCHI (ARBITRALI) E APPLAUSI

Capita raramente una presenza di ospiti così prestigiosa per una serata a tema sul pianeta arbitri: l’internazionale (dal 1. gennaio 2022) Daniele Chiffi, il mito del basket Tiziano Zancanella, Martina Ganassin (scherma), Andrea Puecher (pallavolo), Alan Falzone (rugby) ed Elena Lunardi (calcio a 5). Indiscusso merito va attribuito a Giorgio Calore, che è riuscito a riunire il top del movimento arbitrale padovano, quanto mai qualitativo.

Successo di presenze, successo di contenuti: dal Tmo (l’antesignano del Var) voluto dal rugby, all’emozione di arbitrare davanti a ventimila spettatori e alla concomitante difficoltà di affrontare uno stadio vuoto per pandemia, dalla distinzione tra arbitro di campo e arbitro di Var alle problematiche di far capire i complessi regolamenti tecnici della scherma. E si è parlato anche di (mancato) rispetto, e soprattutto di guadagni, che in molti casi assomigliano a tranquilli rimborsi spese e in altri ancora a numeri faticosamente in doppia cifra. Ricordiamo che la doppia cifra finisce a 99 (euro), ma in molti addetti ai lavori evoca subito l’esclamazione “magari li prendessi io…”. Tutti argomenti di grande interesse e attualità di cui si parla poco di frequente. Una full immersion sulla categoria arbitrale condotta con la consueta professionalità da Stefano Edel.


MOLINARI: “UNA ECCELLENZA ARBITRALE IMPENSABILE”

Pienamente soddisfatto il presidente Manuele Molinari: “Non pensavo che Padova attingesse notevoli punte d’eccellenza anche nel settore arbitrale. La nostra è una città dalle risorse nascoste che riserva sempre incredibili sorprese. E’ stato un motivo per accrescere le conoscenze sui direttori di gara”.

Per finire, un paio di divertenti pillole riguardanti il mondo arbitrale, la prima conosciuta, la seconda molto meno.
1993: in Lazio-Sampdoria 2-1 l’arbitro Roberto Bettin
di Padova, di fronte alle reiterate proteste di Gaiscogne, tira fuori dalla tasca un chewing gum anziché il cartellino. L’estroso giocatore biancoceleste, genio e sregolatezza ai massimi livelli, se lo mette in bocca e lo mastica. Qualcuno sussurra che il direttore di gara si aspettasse qualche “boutade” del giocatore pagato quell’anno 23 miliardi di vecchie lire; in effetti, qualche tempo prima, lo stesso Gaiscogne aveva finto di ammonire un arbitro straniero in una azione di gioco…
1966, campionati europei, semifinale Russia-Germania. Il leggendario arbitro Concetto Lo Bello di Siracusa estrae dalla tasca sventolandolo il cartellino rosso all’attaccante sovietico Cislenko. Che continua a protestare. Lo Bello ha poi giustificato il suo provvedimento precisando che ovviamente non aveve capito nemmeno una parola in lingua russa, ma che dal frenetico movimento delle labbra aveva intuito che si trattasse di pesanti insulti. Interpretazione perfetta, perché anni dopo lo stesso Cislenko ha confessato di averlo realmente offeso.

Grazie per l’attenzione e appuntamento al 19 ottobre per il Premio Sportività.

Paolo Donà

PS: durante la serata sono stati presentati 10 nuovi soci che portano il numero complessivo a 99. Nei prossimi giorni troverete sul sito una loro presentazione.


Segnaliamo con piacere che la presenza femminile del Cenacolo sta aumentando in maniera considerevole.


“ORI” PADOVANI FESTEGGIATI ALLA MONTECCHIA E ORI “PADOVANI” FIRMATI FIAMME… ORO: AL CENACOLO PIACE SEMPRE IL LUSSO

Dalla felice idea del calendarietto da tavolo 2021 con le immagini mensili dei 14 padovani che hanno conquistato l’oro nelle varie Olimpiadi alla fantastica serata della premiazione in diretta Tv condotta da Giorgio Borile con la consueta bravura fino alla prorompente esplosione di programmi e idee che nascono ancora in chiave padovana e comunque triveneta dai trionfi di Tokyo. Un momento di comprensibile euforia ai massimi livelli per il Cenacolo, già galvanizzato in modo esponenziale dagli oggettivi riscontri sui “media” e dall’opinione pubblica.
Calendarietto e serata di premiazione, una doppia “invenzione” – naturale e automatica – firmata Manuele Molinari che trova una formidabile e irresistibile rampa di lancio per un 2021 e 2022 (al momento ci fermiamo qui…) che non possono non tenere conto della stratosferica olimpiade di Tokyo. Una rampa di lancio dalla quale è doveroso cogliere ogni possibilità e sfumatura, utilizzando tutte le energia creative e pratiche per proporre la migliore programmazione ad hoc. Ricordando – repetita iuvant – che il Cenacolo è l’unico club esistente in Italia di cultura e opinione sportiva.

MONTECCHIA MAGICO SHOW, L’APRIPISTA CHE NESSUNO SI ASPETTAVA

Una premessa significativa: lo  spazio utilizzato per ricordare la serata degli “ori” padovani sarà dedicato soprattutto alle immagini colte a lato della piscina della Montecchia e nel palco centrale che dominava i tavolini, ma saranno alternate – e non potrebbe essere a mio avviso diversamente – per gli straordinari e più recenti avvenimenti giapponesi.

IL PRESIDENTE MOLINARI: “MOMENTO DA FAVOLA, IL BELLO COMINCIA ADESSO”

Il numero 1 del Cenacolo non nasconde la sua soddisfazione, aggiornata proprio alla conclusione dei Giochi: “Figuriamoci, ero già felicissimo dopo la memorabile serata dedicata ai padovani che hanno vinto l’oro olimpico, serata che ha riscosso un notevole successo da tutti i punti di vista. Ci consideriamo ormai una splendida realtà consolidata in cui i parametri di maggiore spicco e importanza stanno crescendo in maniera esponenziale: mi riferisco alla consapevolezza di poter organizzare trasmissioni televisive in diretta degli eventi, di garantire un elevato standard di ospiti, anche per oltre due ore, alla capacità di costruire una organizzazione all’altezza. Senza dimenticare l’aumento del numero dei soci attraverso un graduale ricambio generazionale. Una situazione ottimale per fronteggiare il “dopo-Tokyo”. Le idee non mancheranno, casomai  mancherà il tempo per realizzarle. “Un’occasione unica per dare il massimo di noi stessi – continua Molinari – Jacobs, Tamberi e Stano gareggiano per le Fiamme Oro di Padova, la staffetta 4 per cento maschile ha compiuto il più incredibile dei miracoli, un oro accompagnato dalla quinta prestazione mondiale di tutti i tempi. Il quartetto d’oro del ciclismo è per trequarti veneto-friulano, e Ganna è Ganna. Senza dimenticare il fenomenale Gregorio Paltrinieri, Vanessa Ferrari, Federica Pellegrini e le mitiche “Farfalle”. Non pensavo di divertirmi così tanto a vedere le Olimpiadi”. Senza dimenticare le fantastiche Paralimpiadi che ci hanno regalato il record assoluto di 63 medaglie si uniscono alle 40 delle Olimpiadi. Un trionfo inaspettato che ci riempie di orgoglio.”

L’AGGETTIVO PIU GETTONATO? STORICO

Considerando gli aggettivi che possiedono il massimo della carica semantica nel descrivere una situazione positiva, ci siamo divertiti a sentire e ricordare i più gettonati dai mass media, ma anche da parte dei tifosi, prendendo Tokyo 2020 come punto di riferimento: pazzesco, straordinario, fantastico, meraviglioso, magnifico, strepitoso (questi ultimi due a dire il vero sono un po’ in declino), incredibile, stupefacente, sensazionale, impensabile, inimmaginabile, leggendario… Fa eccezione un sostantivo: capolavoro. Ma sapete qual è stato il più frequente? Storico. Soprattutto nel sintagma fisso “risultato storico“. In effetti, la storia è stata ribaltata in pochi giorni.



ORI PADOVANI, QUASI PADOVANI, AMARCORD ED EMOZIONI

Alla serata alla Montecchia il 21 giugno hanno ricevuto il premio per la scherma Marco Marin, Francesca Bortolozzi con il marito Andrea Borella, olimpionico anche lui e padovano di adozione, e Gianfranco Dalla Barba; nel ciclismo, Silvio Martinello, Franco Testa e Giuseppe Beghetto: quest’ultimo, oro a Roma nel 1960, sperava di vedere seduto accanto a lui il compagno di tandem Sergio Bianchetto, che abita in Spagna a Valencia. ma il grande corridore, 83 anni, era stato operato il giorno prima all’anca: telefonicamente, ci ha espresso il suo rammarico. E infine, il mito del tiro con l’arco Marco Galiazzo (assente giustificato perché in ritiro con la Nazionale) e il fenomeno  del canottaggio Rossano Galtarossa, che oltre alle tante medaglie conquistate, vanta la partecipazione a 5 Olimpiadi.

IL DEBUTTO DEL RETTORE E GLI ALTRI VIP

L’elenco dei vip presenti alla serata del Cenacolo alla Montecchia rende l’idea del livello qualitativo: il prefetto Raffaele Grassi, il questore Isabella Fusiello, il sindaco Sergio Giordani con l’assessore allo Sport Diego Bonavina, il presidente del Tribunale Caterina Santinello, i professori Antonio Paoli e Tatiana Moro (università di Padova), Dino Ponchio presidente regionale del Coni, il comandante dei Carabinieri Luigi Manzini. Particolarmente festeggiata la nuova rettrice dell’università di Padova, alla sua prima uscita; il Bo l’anno prossimo compirà 800 anni.

 

IL BILANCIO: EPPURE QUALCUNO, UNA SETTIMANA PRIMA DEL TERMINE DEI GIOCHI,

AVEVA PARLATO DI FALLIMENTO AZZURRO…

Evidentemente la “rarità” dei Giochi, ogni quattro anni, in questo caso addirittura cinque causa pandemia, condiziona in maniera spaventosa quei giornalisti “copia incolla” poco abituati a capire l’essenza di una notizia a favore di personalissime interpretazioni a effetto. E così ci è capitato di leggere commenti in chiave disastrosa sulla spedizione azzurra, salvo poi “fare quasi finta di nulla” dopo le leggendarie imprese in serie da Tamberi e Jacobs in poi. Il punto di riferimento del popolo sportivo italiano ha sempre fatto capo alle olimpiadi di Roma del 1960, concluse con la conquista di 13 ori, 10 argenti e 13 bronzi, terzo posto assoluto nel medagliere internazionale. Il terzo posto di allora, con tutto il rispetto per Berruti e compagni, vale a nostro avviso molto meno del decimo di Tokyo 2020 accompagnato da 40 medaglie, 10 più 10 più 20.

Basta una sola considerazione per spiegare il perché: dagli anni Sessanta del secolo scorso, l’allora Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche si è disgregata perdendo nazioni che a loro volta sono rinate con risultati spesso sorprendenti (vedi Slovenia) e che hanno ridistribuito decine e decine di “nuove” medaglie. E così hanno partorito campioni altrimenti non convocati gli stati con suffisso in “stan” (che significa popolo, città) come Uzbekistan, Kirghizistan, Tagikistan, Kazakistan, Turkmenistan… E aggiungiamo i tre Paesi baltici (Estonia, Lettonia, Lituania), Georgia, Moldavia, e poi la ex Jugoslavia, con Serbia, Croazia, Montenegro, Macedonia, Slovenia. Della serie: salire sul podio è sempre più difficile. Senza contare che il numero degli atleti a Tokyo (11.000) è esattamente il doppio di quelli di Roma 1960.

Volete una matematica controprova? Olimpiadi di Los Angeles 1984. La Romania si classifica al secondo posto assoluto nel medagliere conquistando la stupefacente cifra di 53 medaglie d’oro. Non c’entra la ricerca di “grandeur” del dittatore Nicolae Ceausescu in quanto, al potere da una ventina d’anni, ha riportatto risultati poco più che discreti. E non c’entra nemmeno la fuoriclasse della ginnastica Nadia Comaneci, perchè in pratica aveva già chiuso la sua attività. La spiegazione è un’altra: quell’anno la Russia e tutti i Paesi del blocco dell’Est hanno boicottato le Olimpiadi contro la Guerra fredda, ad eccezione della Romania che ha approfittato per guadagnare medaglie 10-15 volte più della media.

FLASH A GOGO

In ordine sparso aggiungiamo alcune notiziole non prive di curiosità. Ci fa piacere menzionare che, anche se non accompagnata da una medaglia, è stata di assoluto valore la prestazione di Veronica Lisi, quarta nel 4 di coppia femminile del canottaggio. La ginnasta delle farfalle di origine romena Daniela Mogurean è in forza all’Ardor dove si è integrata benissimo. Una citazione con particolare simpatia, inossidabile telecronista di atletica d’estate e fondo nello sci d’inverno, bolzanino di adozione, ma padovano di nascita. Padovana è anche Martina Centofanti, figlia del non dimenticato calciatore del Padova Felice. Per concludere ricordiamo sorridendo la vicenda dell’atleta polacco decisamente su di giri Pawel Fajdek che ha pagato il taxi con la medaglia d’oro appena vinta.

 

RIFLESSIONE FINALE

Nell’unica edizione delle Olimpiadi disputata senza pubblico sono stati battuti record mondiali a go-go. Non siamo esperti in materia, ci viene soltanto una spontanea riflessione che vale in gran parte per gli azzurri: anzichè sfruttare  gli automatici e codificati “aiutini” esterni del tifo, gli atleti hanno scavato a dismisura dentro il proprio io, scoperchiando nuovi orizzonti attraverso strumenti sui quali era scritto “sogni da tradurre in realtà, premere qui”. Ma anche “francesi e inglesi non ti curar di lor, ma guarda e passa”, da intendersi come testimone (quello della staffetta…).E così, Jacobs, Tortu e tutti i loro formidabili  compagni hanno scoperto, grazie al vuoto degli stadi, di possedere un’altra dimensione. Mai utilizzata.

La scherma è stata doppiamente sfortunata: se l’Italia nel suo complesso  avesse ottenuto risultati appena discreti, lo “zero” medaglie d’oro avrebbe creato meno traumi; paradossalmente invece, pur avendo conquistato una medaglia in più rispetto a Rio de Janeiro 2016 (tre argenti e due bronzi contro un oro e tre argenti), la spedizione è stata bocciata in termini crudi. E magari, chi scatenava sentenze per l’iniziale deficit di medaglie d’oro azzurre, avrebbe esultato alla Tardelli-1982 se avessimo guadagnato tutte le medaglie in palio per il pur rispettabilissimo badminton.

Sogni d’oro.

Paolo Donà

VAN GOGH, UN CENACOLO DI FORTI EMOZIONI

Amava dipingere nel cuore della notte, che porta consensi anche in chi mostra segni indelebili di sofferenza spirituale; indossava l’immancabile cappello, su cui alloggiava il suo esclusivo “lampadario” formato da candeline; un totale autodidatta, con dieci anni di intensissima carriera dai 27 ai 37. Ha rivoluzionato il concetto di arte come maestro del post-impressionismo e precursore dell’espressionismo alla fine del 19. secolo.

Senza una parte del lobo di un orecchio, ma soprattutto senza pace. E una morte tramite la peggiore modalità, il suicidio, anche se gli storici americani Steven Naifeh e Gregory White Smith propendono per la tesi di un assassinio ad opera di un ragazzo.

Pensiamo, nella lunga storia del Cenacolo, che la data del 10 febbraio 2021 debba entrare di diritto nei ricordi che contano, grazie alla visita guidata al Centro San Gaetano, dedicata a Van Gogh.

Il presidente Manuele Molinari commenta: “Una mostra organizzata alla perfezione, ottime le guide da ogni punto di vista. Mi ha impressionato la sensibilità che trasuda dai quadri dell’artista, che passa gradatamente a un più vivace utilizzo del colore nell’anelito di una vita di maggiori speranze da raggiungere con tenacia”.

QUALCHE FLASH POCO CONOSCIUTO SU UN PERSONAGGIO DALLA VITA SUI GENERIS.

BUONA LETTURA.

Una breve premessa, per me importante: chi mi conosce bene sa che in pubblico parlo molto brevemente per innata abitudine, e che non amo le auto-citazioni. Questo scritto mirato (tempo totale di lettura 7 minuti) parte unicamente dal desiderio di aggiungere qualche dettaglio, non fine a sé stesso, ma come base per ulteriori approfondimenti, rispetto a quanto è stato raccontato con assoluta maestria dalle guide turistiche e quanto è narrato sulle pareti del San Gaetano.

In particolare desidero complimentarmi – dopo averlo fatto a voce – con la guida che ha seguito il mio gruppo, Elisa De Togni. Sono anch’io una guida turistica dal 2007, ma ho cominciato l’attività ovviamente solo dopo essere andato in pensione come giornalista (30 anni al Gazzettino). Raramente ho trovato una giovane, oltretutto bella, così padrona della materia e della situazione, parlando per un’ora con una notevole soavità di voce, che ha reso più magico l’ascolto, di per sè in teoria frenato dalla fredda logica delle cuffiette.

Ho il piacere di scrivere queste righe da giornalista più che da guida, sperando di non avere dimenticato del tutto il mio (ex) meraviglioso mestiere.

I QUADRI VALGONO 100 MILIONI CIASCUNO, MA VAN GOGH NE HA VENDUTI DUE. O FORSE UNO

Un incredibile paradosso kafkiano: il grande Vincent (lo stesso nome del fratello nato morto) in dieci anni di carriera ha avuto una produzione di 860 quadri e 1.100 disegni (oltre a numerosi schizzi), vendendone soltanto due. O forse uno. Il paradosso è dato dalla macroscopica sproporzione tra il suo privato marketing – un disastro puro – e il valore complessivo attuale di tutte le sue opere, valutate fino a 150 milioni di euro l’una, che lo pongono al primo posto assoluto mondiale per quanto riguarda l’Ottocento e il Novecento; i quadri più famosi sono I Girasoli, Notte Stellata e La Camera di Vincent ad Arles. Al secondo posto della classifica, Pablo Picasso.

Ma quanto ha incassato van Gogh in vita dalla sua attività? Meno di mille euro. Il dipinto “La vigna rossa” è stato venduto a un prezzo che in questi anni corrisponderebbe a 850 euro. Il dipinto si trova attualmente al museo Puškin di Mosca. Sembra che l’artista olandese abbia guadagnato 80 euro rapportati al 2021 con un ritratto confezionato per un amico. Probabilmente il costo della cornice.

I MUSEI FIRMATI VAN GOGH: TANTA OLANDA, TANTISSIMA AMERICA

Tutti – o perlomeno tanti – conoscono l’esistenza del Museo van Gogh (200 quadri e 500 disegni) e il Rijksmuseum ad Amsterdam, dove sono collocati numerosi altri dipinti del grande artista. Molto meno nota al pubblico italiano la fantastica Galleria Kröller-Müller di Otterlo – sempre in Olanda – nel mezzo di un meraviglioso parco percorribile in bicicletta in un continuo contesto di foreste abitate da cervi, daini e altri animali. Un panorama eccezionale, che fa da contraltare a un van Gogh altrettanto eccezionale, di cui sono presentati 90 dipinti a olio e 180 disegni. Un consiglio? Se non avete visto la Galleria, la seconda del mondo come numero di quadri di van Gogh, andateci, o almeno consultate intanto su Google la location, adattissima alle famiglie e non troppo lontana dalla capitale Amsterdam.

Ma la sorpresa – se di sorpresa si tratta – viene dalla dislocazione dei musei europei e americani che contengono le opere di van Gogh.

Negli Stati Uniti, le città che hanno accolto i capolavori dell’artista sono in numero maggiore di quanto a percezione si possa immaginare: New York, Washington, Filadelfia, San Francisco, Los Angeles, Chicago, Portland, Pittsburgh, Cleveland, Dallas, Kansas City, Detroit, Honolulu, Boston, Richmond, Indianapolis, Houston, Cincinnati..

Sì, l’America è grande – si potrà obiettare – ma è anche stata fondata nel 1492, non potendo contare su tradizioni millenarie come gli Stati europei.

Nel Vecchio continente, non mancano le metropoli che ospitano van Gogh: Parigi, Londra, Madrid, Stoccolma, Copenaghen, Mosca, Kiev, Berlino, San Pietroburgo, Bruxelles, Monaco di Baviera.

In Italia soltanto Roma e Milano possiedono una traccia dell’immenso artista.

Sfogliando infine a caso la carta geografica, troviamo van Gogh anche a Tokyo, Buenos Aires, il Cairo, Avignone, Toledo, Göteborg, Zurigo, Berna, Colonia, Città del Messico, Glasgow, Auvers sur Oise, Lilla, Ottawa, Toronto, Hiroshima, Haifa, Gerusalemme, Tel Aviv, Praga, Anversa, Brema, Essen, Rotterdam, Belgrado, Edinburgo..

Imponente in percentuale la presenza di quadri nelle collezioni private.

Se pensiamo che van Gogh ha condensato la carriera in soli dieci anni, la sua presenza nel mondo è impressionante.

UNA VITA LAVORATIVA A CRONOMETRO: DUE QUADRI ALLA SETTIMANA!

Nella nostra carrellata, un aspetto che non può mancare: le ore quotidiane dedicate da van Gogh alla sua passione numero uno. Da semplici calcoli, emerge una media-produzione di due quadri alla settimana, un dato oggettivamente mostruoso.

Il pittore più veloce della storia, l’Usain Bolt del pennello? Impossibile dirlo, certamente merita il podio in un immaginario confronto. In punta di piedi, però, vi sottoponiamo due altri esempi di velocità, premettendo che un paragone diretto risulta impossibile per le evidenti diverse modalità di lavoro tra un singolo quadro e un gigantesco affresco. Ci riferiamo a Giovanni Battista Tiepolo e al figlio Giandomenico, e a Giotto.

I due Tiepolo hanno impiegato 218 giorni per affrescare i 670 metri quadrati della Residenz di Wuerzburg in Germania, la sede dei principi-vescovi della Baviera. L’affresco barocco – un emozionante capolavoro – è considerato il più grande del mondo.

Non meno sprinter il “nostro” Giotto che ha impiegato esattamente due anni (dal 25 marzo 1303 al 25 marzo 1305) per dipingere i 900 metri quadrati della Cappella degli Scrovegni. La squadra di lavoro era composta dai migliori venti elementi dell’Europa, ma bisogna considerare le difficoltà oggettive dell’epoca, e anche una particolarità: “giornata lavorativa” non si intendeva dalla mattina alla sera, ma quando il materiale utilizzato si asciugava. E l’umidità non mancava certo.

QUEL FURTO DI DUE TELE MADE IN ITALY

Nel 2002, prima dell’apertura alle 8 del museo di van Gogh ad Amsterdam, una o più persone si sono introdotte passando dal tetto per trafugare due opere dell’artista, ritrovate addirittura nel 2016. Un furto un po’ “italiano” da un certo punto di vista (non esaltante), dal momento che è intervenuta la Guardia di Finanza di Secondigliano e Scampia..

“SPORCO, MAL VESTITO E SGRADEVOLE”: L’HA DETTO LA DONNA PIU’ LONGEVA AL MONDO DI TUTTI

I TEMPI, VISSUTA 122 ANNI

Jeanne Colment, che lavorava nel negozio del padre ad Arles, di cui van Gogh era cliente, non ha usato mezzi termini nel definirlo “sporco, mal vestito e sgradevole” e anche “brutto, scortese e malato” nel corso di una conferenza stampa nel 1988, ricordando i 100 anni dall’incontro con l’artista ad Arles. Sembrano i titoli di due film, ma la notizia – e che notizia – è chiaramente un’altra: Jeanne è deceduta nel 1997 all’età di 122 anni e 164 giorni (!), record mondiale certificato di tutti i tempi dopo costosissime ricerche specializzate, entrando con i suoi 44.724 giorni di vita pure nel Guinness dei primati.

A 85 anni ha cominciato a tirare di.. scherma (i tre puntini sono per il presidente Molinari), a 100 andava in bicicletta, a 118 ha invece smesso chissà perché di fumare.

van Gogh comperava da lei i pennelli, e da perenne squattrinato le ha chiesto con successo anche soldi.

Curiosità nella curiosità: i tre fratelli di Jeanne sono morti rispettivamente all’età di 2 (due), 4 (quattro) e 97 anni..

DI LUI UNA SOLA FOTO ASSIEME AL COMPAGNO DI BARUFFE PAUL GAUGUIN

Negli anni di van Gogh, la fotografia era agli albori, regalando per definizione la tipica atmosfera frenetica delle grosse novità internazionali. Eppure, anche sotto questo aspetto il Nostro si è segnalato per una curiosa particolarità: si è fatto scattare solamente una foto in tutto, per giunta assieme al “compagno di baruffe” Paul Gauguin. Il colmo.

Questo unico scatto è datato 1887, ad Arles, ed è stato scoperto soltanto nel 2016. Restano anche due foto giovanili, quando l’artista aveva 13 e 19 anni.

 

 

GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE..
Se siete riusciti ad arrivare fino in fondo non posso che dirvi grazie. Lo confesso a cuore aperto: ho sempre considerato, nello scritto come nel parlato, l’ipotesi di annoiare, che mi ha accompagnato fino alla pensione e anche oltre. Quando da piccolo sentivo un qualsivoglia personaggio che cominciava il suo discorso in pubblico dicendo “innanzitutto desidero ringraziare..”, mi chiedevo spontaneamente “se questa è la prima notizia, chissà la seconda..”.

Ciao a tutti.

Post scriptum:
a dimostrazione che il Cenacolo è sulla notizia, al momento di andare in macchina – come si usava dire una volta – aggiungiamo con una punta di autoironia che il vincitore delle prime due medaglie d’oro ai mondiali di sci a Cortina, l’austriaco Kriechmayr, si chiama Vincent per dichiarata scelta della madre, insegnante d’arte, a ricordo di van Gogh..

Paolo Donà