“BISBE” FABIANO INCANTA IL CENACOLO: 67 ANNI SU 91 DEDICATI AI CANESTRI DI VITA

Nel suo libro “Us Petrarca, una sfida all’Italia”, Gianni Brera dedica solamente una pagina e mezza su 150 complessive alla sezione del basket, però Fabio Fabiano compare già nella prima riga. Una combinazione? No, perché il novantunenne tecnico bianconero, allenatore da 67 anni, dedicati soprattutto alle formazioni giovanili, detiene quasi sicuramente (non esistono statistiche ufficiali) il record mondiale di longevità professionale con anni luce di vantaggio sulla concorrenza.

Fanatico come sono di statistiche a 360 gradi, mi sono divertito, qualche giorno prima dell’assegnazione del premio Sportività a Fabio Fabiano nel corso della grande serata organizzata il 19 ottobre dal Cenacolo alla Montecchia di Selvazzano, a scovare su Internet & company i maggiori stakanovisti di basket, calcio, pallavolo e rugby. Nessun problema: Fabiano può puntare tranquillamente nel suo lavoro a quota 100, e non certo nel senso della politica nostrana. Solo l’osservatore del Genoa football, Giovanni Muroni, ex tecnico in Seconda categoria del Castelsardo, può vantare una parvenza di vicinanza al record.

PIACERE, MI CHIAMO BISBE

Per il mondo della pallacanestro, è semplicemente “Bisbe”, diminutivo di bisbetico. “Punzecchio sempre quando parlo”, ama dire. In realtà, il nome originale in inglese della celebre commedia di William Shakespeare “La bisbetica domata” è “The taming of the shrew”), “L’addomesticatore del toporagno”. Ma è anche vero che il predecessore del bisbetico Fabio è Caterina Minola, padovana di contrada Santa Lucia, dove l’immenso commediografo inglese ha ambientato (e sembra che sia stato a Padova) la “Bisbetica domata”. Più che un affettuoso bisbetico, Fabiano è sembrato un fenomeno di leggerezza di vita accompagnata da una acutezza del tutto fuori dagli schemi e da quel buon senso di cui oggi vi è tanto bisogno.

TANTI OSPITI, TANTA QUALITA’

Ad applaudire il premiato, una ricca cornice di ospiti: Gherardo Bonetto, Alberto Tonzig, Gigi Peroni, Alfonso Stefanelli, Pino Stefanelli, Franco Formenti, l’inossidabile virtussino Gianfranco Bernardi, il socio sindaco di Padova Sergio Giordani, il presidente del Coni regionale Dino Ponchio, il vicerettore dell’università di Padova Antonio Paoli con Tatiana Moro. A tavola una logica abbuffata di ricordi a go go, in particolare al mitico campionato che il Petrarca trascinato dal fuoriclasse americano Doug Moe ha terminato al terzo posto dietro Simmenthal Milano e Ignis Varese. Era il 1965-66.

MOLINARI: “PADOVA CITTA’ SEMPRE PIU’ SORPRENDENTE. E VINCENTE”

Il presidente del Cenacolo Manuele Molinari non nasconde la sua soddisfazione al termine della serata; “Mi convinco sempre di più che la nostra città possiede un incredibile numero di personaggi. Sono rimasto sorpreso da Fabio Fabiano, lucido quanto mai e profondo dispensatore di buon senso. Ottima serata, grande spirito di aggregazione tra soci e ospiti. Una nota di merito anche per la qualità del menu e il servizio. Il tempo è sembrato volare e alla fine della serata diversi soci sono rimasti a conversare, un segnale molto confortante e gratificante”. Poche ore dopo la serata del Premio Sportività, il padovano di Este, Liam Bertazzo, conquistava la medaglia d’oro nell’inseguimento a squadre di ciclismo ai mondiali di Roubaix. Morale della favola: prossimamente sarà anche lui un grande ospite..

PREMIO VAN ZANDT, MIGLIORE ALLENATORE DELLA SERIE A

Nel 1968, Fabio Fabiano, dopo essere stato l’assistente di Aza Nikolic alla guida del Petrarca (prestigioso terzo posto come detto nel campionato 1965-66), diventato primo tecnico della formazione bianconera, riceve il premio Van Zandt quale migliore coach della serie A. Un riconoscimento di grande spessore, anche per la caratura del personaggio a cui era dedicato il trofeo. Elliott Van Zandt, americano dell’Arkansas nonostante le origini olandesi del cognome, era un capitano di fanteria di colore che ha combattuto in Italia la Seconda guerra mondiale.

Per una serie di combinazioni, alla fine degli anni Quaranta è stato nominato commissario della squadra nazionale azzurra di basket, ottenendo tra l’altro un lusinghiero quinto posto agli Europei. In cinque anni, ha conquistato 33 vittorie in 45 partite. L’eclettico personaggio, passato poi al mondo del calcio, è diventato il primo preparatore atletico d’Italia nelle fila del Milan di Liedholm e Schiaffino. Che beffardo destino: Van Zandt è deceduto nel 1959 mentre si stava recando a Chicago per una operazione al rene: l’aereo è precipitato nell’Oceano. Naturalmente per Fabio Fabiano il premio Van Zandt non è l’unico riconoscimento: nel 2016 al tecnico padovano è stata attribuita la Palma di bronzo del Coni, e dal 2003 è allenatore emerito della Federazione.

Significativo un commento, per quanto brevissimo, che Fabiano in tutta sincerità ha fatto durante l’aperitivo del Cenacolo, in pratica non più di mezz’ora dopo avere conosciuto alcuni soci del club: “Però, tanta roba”. Un eloquente movimento delle braccia roteanti ha accompagnato e suffragato la prima impressione che ha avuto nella serata a lui dedicata. “Non pensavo”, ha subito aggiunto. E la maniera con cui ha risposto alle domande dei presenti (e del sottoscritto, nella veste di conduttore) ha confermato che l’incredibile personaggio si è divertito, potendo lasciare un potente segnale da “Bisbe”. Come è nella sua natura.

QUELLO STORICO 66-60 RIFILATO DAL PETRARCA AL SIMMENTHAL

Ogni città (o nazione) possiede la partita del secolo, quell’incontro irripetibile destinato a rimanere per sempre impresso nella memoria: il 4-3 di Italia-Germania ai Mondiali del 1970 in Messico, che per la prima volta in assoluto determinò nonostante fosse notte fonda il “tutti in Prato della Valle” per festeggiare; a livello cittadino, il 4-4 nel 1949 con il mitico e invincibile Torino (4-3 per i biancoscudati a un quarto d’ora dalla fine) oppure l’1-1 con la Juve all’Appiani (1959), match giocato senza la recinzione a bordo campo. Fuori Italia, il successo per 2-1 delle isole Far Oer sull’Austria in Coppa Europa o la fresca vittoria, sempre per 2-1 dei moldavi della TransNistria sul campo del Real Madrid nella Champions.

Nella serata del Cenacolo, non si poteva non ricordare il 66-60 rifilato dal Petrarca al Simmenthal il 16 gennaio 1966. Fabiano era il vice di Nikolic, considerato tra i migliori allenatori europei. E giocavano Tonzig e Stefanelli, presenti alla conviviale. I bianconeri erano secondi in classifica, a pari punti con l’Ignis Varese e a due lunghezze dalla capolista Simmenthal, che avrebbe poi vinto il torneo. Il formidabile nuovo acquisto, l’americano Doug Moe, scartato proprio dal Simmenthal, si prende la più colossale delle rivincite, coadiuvato in maniera impeccabile dalla squadra. A due minuti dalla fine, sul 60 pari, è costretto a uscire per falli, dopo avere realizzato da solo 41 (!) punti. I presagi più cupi si addensano sui petrarchini, rimasti privi del loro fuoriclasse. Ma con incredibile freddezza, Varotto con quattro liberi su quattro e un tiro da due dalla distanza (non esistevano ancora i tre punti) chiude il conto con gli esterrefatti rivali.

Il palazzetto dell’Antonianum, trascinato dal tifo del “capo” Tota (era mio vicino di casa, ma anche di posto) diventa così una bolgia infernale, ognuno si è sentito vincitore nella sua dimensione, anche i… cappotti che venivano fatti roteare vorticosamente dai ragazzi assiepati nelle tribunette dietro le plance quando gli avversari battevano i tiri liberi: i precursori dei laser. La lunga giornata si conclude nel migliore dei modi. Perchè lunga giornata? I cancelli dell’impianto erano aperti dalle 9.30, otto ore prima dell’inizio dell’incontro. Con 674 punti e una media di oltre 30 a partita, Moe vinse il titolo di capocannoniere. Probabilmente il migliore giocatore mai arrivato in Italia, secondo solo a Bill Bradley, acquistato dal Simmenthal soltanto per le partite di Coppa, come da regolamento di allora.

Il ricordo di quella memorabile sfida e di quel meraviglioso periodo ha permeato di sé la splendida serata del Cenacolo, organizzata da Roberto Forcellini e Paolo Benini, senza dimenticare naturalmente Paolo Ferrari.

Alla prossima e grazie per l’attenzione.

Paolo Donà