VAN GOGH, UN CENACOLO DI FORTI EMOZIONI

Amava dipingere nel cuore della notte, che porta consensi anche in chi mostra segni indelebili di sofferenza spirituale; indossava l’immancabile cappello, su cui alloggiava il suo esclusivo “lampadario” formato da candeline; un totale autodidatta, con dieci anni di intensissima carriera dai 27 ai 37. Ha rivoluzionato il concetto di arte come maestro del post-impressionismo e precursore dell’espressionismo alla fine del 19. secolo.

Senza una parte del lobo di un orecchio, ma soprattutto senza pace. E una morte tramite la peggiore modalità, il suicidio, anche se gli storici americani Steven Naifeh e Gregory White Smith propendono per la tesi di un assassinio ad opera di un ragazzo.

Pensiamo, nella lunga storia del Cenacolo, che la data del 10 febbraio 2021 debba entrare di diritto nei ricordi che contano, grazie alla visita guidata al Centro San Gaetano, dedicata a Van Gogh.

Il presidente Manuele Molinari commenta: “Una mostra organizzata alla perfezione, ottime le guide da ogni punto di vista. Mi ha impressionato la sensibilità che trasuda dai quadri dell’artista, che passa gradatamente a un più vivace utilizzo del colore nell’anelito di una vita di maggiori speranze da raggiungere con tenacia”.

QUALCHE FLASH POCO CONOSCIUTO SU UN PERSONAGGIO DALLA VITA SUI GENERIS.

BUONA LETTURA.

Una breve premessa, per me importante: chi mi conosce bene sa che in pubblico parlo molto brevemente per innata abitudine, e che non amo le auto-citazioni. Questo scritto mirato (tempo totale di lettura 7 minuti) parte unicamente dal desiderio di aggiungere qualche dettaglio, non fine a sé stesso, ma come base per ulteriori approfondimenti, rispetto a quanto è stato raccontato con assoluta maestria dalle guide turistiche e quanto è narrato sulle pareti del San Gaetano.

In particolare desidero complimentarmi – dopo averlo fatto a voce – con la guida che ha seguito il mio gruppo, Elisa De Togni. Sono anch’io una guida turistica dal 2007, ma ho cominciato l’attività ovviamente solo dopo essere andato in pensione come giornalista (30 anni al Gazzettino). Raramente ho trovato una giovane, oltretutto bella, così padrona della materia e della situazione, parlando per un’ora con una notevole soavità di voce, che ha reso più magico l’ascolto, di per sè in teoria frenato dalla fredda logica delle cuffiette.

Ho il piacere di scrivere queste righe da giornalista più che da guida, sperando di non avere dimenticato del tutto il mio (ex) meraviglioso mestiere.

I QUADRI VALGONO 100 MILIONI CIASCUNO, MA VAN GOGH NE HA VENDUTI DUE. O FORSE UNO

Un incredibile paradosso kafkiano: il grande Vincent (lo stesso nome del fratello nato morto) in dieci anni di carriera ha avuto una produzione di 860 quadri e 1.100 disegni (oltre a numerosi schizzi), vendendone soltanto due. O forse uno. Il paradosso è dato dalla macroscopica sproporzione tra il suo privato marketing – un disastro puro – e il valore complessivo attuale di tutte le sue opere, valutate fino a 150 milioni di euro l’una, che lo pongono al primo posto assoluto mondiale per quanto riguarda l’Ottocento e il Novecento; i quadri più famosi sono I Girasoli, Notte Stellata e La Camera di Vincent ad Arles. Al secondo posto della classifica, Pablo Picasso.

Ma quanto ha incassato van Gogh in vita dalla sua attività? Meno di mille euro. Il dipinto “La vigna rossa” è stato venduto a un prezzo che in questi anni corrisponderebbe a 850 euro. Il dipinto si trova attualmente al museo Puškin di Mosca. Sembra che l’artista olandese abbia guadagnato 80 euro rapportati al 2021 con un ritratto confezionato per un amico. Probabilmente il costo della cornice.

I MUSEI FIRMATI VAN GOGH: TANTA OLANDA, TANTISSIMA AMERICA

Tutti – o perlomeno tanti – conoscono l’esistenza del Museo van Gogh (200 quadri e 500 disegni) e il Rijksmuseum ad Amsterdam, dove sono collocati numerosi altri dipinti del grande artista. Molto meno nota al pubblico italiano la fantastica Galleria Kröller-Müller di Otterlo – sempre in Olanda – nel mezzo di un meraviglioso parco percorribile in bicicletta in un continuo contesto di foreste abitate da cervi, daini e altri animali. Un panorama eccezionale, che fa da contraltare a un van Gogh altrettanto eccezionale, di cui sono presentati 90 dipinti a olio e 180 disegni. Un consiglio? Se non avete visto la Galleria, la seconda del mondo come numero di quadri di van Gogh, andateci, o almeno consultate intanto su Google la location, adattissima alle famiglie e non troppo lontana dalla capitale Amsterdam.

Ma la sorpresa – se di sorpresa si tratta – viene dalla dislocazione dei musei europei e americani che contengono le opere di van Gogh.

Negli Stati Uniti, le città che hanno accolto i capolavori dell’artista sono in numero maggiore di quanto a percezione si possa immaginare: New York, Washington, Filadelfia, San Francisco, Los Angeles, Chicago, Portland, Pittsburgh, Cleveland, Dallas, Kansas City, Detroit, Honolulu, Boston, Richmond, Indianapolis, Houston, Cincinnati..

Sì, l’America è grande – si potrà obiettare – ma è anche stata fondata nel 1492, non potendo contare su tradizioni millenarie come gli Stati europei.

Nel Vecchio continente, non mancano le metropoli che ospitano van Gogh: Parigi, Londra, Madrid, Stoccolma, Copenaghen, Mosca, Kiev, Berlino, San Pietroburgo, Bruxelles, Monaco di Baviera.

In Italia soltanto Roma e Milano possiedono una traccia dell’immenso artista.

Sfogliando infine a caso la carta geografica, troviamo van Gogh anche a Tokyo, Buenos Aires, il Cairo, Avignone, Toledo, Göteborg, Zurigo, Berna, Colonia, Città del Messico, Glasgow, Auvers sur Oise, Lilla, Ottawa, Toronto, Hiroshima, Haifa, Gerusalemme, Tel Aviv, Praga, Anversa, Brema, Essen, Rotterdam, Belgrado, Edinburgo..

Imponente in percentuale la presenza di quadri nelle collezioni private.

Se pensiamo che van Gogh ha condensato la carriera in soli dieci anni, la sua presenza nel mondo è impressionante.

UNA VITA LAVORATIVA A CRONOMETRO: DUE QUADRI ALLA SETTIMANA!

Nella nostra carrellata, un aspetto che non può mancare: le ore quotidiane dedicate da van Gogh alla sua passione numero uno. Da semplici calcoli, emerge una media-produzione di due quadri alla settimana, un dato oggettivamente mostruoso.

Il pittore più veloce della storia, l’Usain Bolt del pennello? Impossibile dirlo, certamente merita il podio in un immaginario confronto. In punta di piedi, però, vi sottoponiamo due altri esempi di velocità, premettendo che un paragone diretto risulta impossibile per le evidenti diverse modalità di lavoro tra un singolo quadro e un gigantesco affresco. Ci riferiamo a Giovanni Battista Tiepolo e al figlio Giandomenico, e a Giotto.

I due Tiepolo hanno impiegato 218 giorni per affrescare i 670 metri quadrati della Residenz di Wuerzburg in Germania, la sede dei principi-vescovi della Baviera. L’affresco barocco – un emozionante capolavoro – è considerato il più grande del mondo.

Non meno sprinter il “nostro” Giotto che ha impiegato esattamente due anni (dal 25 marzo 1303 al 25 marzo 1305) per dipingere i 900 metri quadrati della Cappella degli Scrovegni. La squadra di lavoro era composta dai migliori venti elementi dell’Europa, ma bisogna considerare le difficoltà oggettive dell’epoca, e anche una particolarità: “giornata lavorativa” non si intendeva dalla mattina alla sera, ma quando il materiale utilizzato si asciugava. E l’umidità non mancava certo.

QUEL FURTO DI DUE TELE MADE IN ITALY

Nel 2002, prima dell’apertura alle 8 del museo di van Gogh ad Amsterdam, una o più persone si sono introdotte passando dal tetto per trafugare due opere dell’artista, ritrovate addirittura nel 2016. Un furto un po’ “italiano” da un certo punto di vista (non esaltante), dal momento che è intervenuta la Guardia di Finanza di Secondigliano e Scampia..

“SPORCO, MAL VESTITO E SGRADEVOLE”: L’HA DETTO LA DONNA PIU’ LONGEVA AL MONDO DI TUTTI

I TEMPI, VISSUTA 122 ANNI

Jeanne Colment, che lavorava nel negozio del padre ad Arles, di cui van Gogh era cliente, non ha usato mezzi termini nel definirlo “sporco, mal vestito e sgradevole” e anche “brutto, scortese e malato” nel corso di una conferenza stampa nel 1988, ricordando i 100 anni dall’incontro con l’artista ad Arles. Sembrano i titoli di due film, ma la notizia – e che notizia – è chiaramente un’altra: Jeanne è deceduta nel 1997 all’età di 122 anni e 164 giorni (!), record mondiale certificato di tutti i tempi dopo costosissime ricerche specializzate, entrando con i suoi 44.724 giorni di vita pure nel Guinness dei primati.

A 85 anni ha cominciato a tirare di.. scherma (i tre puntini sono per il presidente Molinari), a 100 andava in bicicletta, a 118 ha invece smesso chissà perché di fumare.

van Gogh comperava da lei i pennelli, e da perenne squattrinato le ha chiesto con successo anche soldi.

Curiosità nella curiosità: i tre fratelli di Jeanne sono morti rispettivamente all’età di 2 (due), 4 (quattro) e 97 anni..

DI LUI UNA SOLA FOTO ASSIEME AL COMPAGNO DI BARUFFE PAUL GAUGUIN

Negli anni di van Gogh, la fotografia era agli albori, regalando per definizione la tipica atmosfera frenetica delle grosse novità internazionali. Eppure, anche sotto questo aspetto il Nostro si è segnalato per una curiosa particolarità: si è fatto scattare solamente una foto in tutto, per giunta assieme al “compagno di baruffe” Paul Gauguin. Il colmo.

Questo unico scatto è datato 1887, ad Arles, ed è stato scoperto soltanto nel 2016. Restano anche due foto giovanili, quando l’artista aveva 13 e 19 anni.

 

 

GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE..
Se siete riusciti ad arrivare fino in fondo non posso che dirvi grazie. Lo confesso a cuore aperto: ho sempre considerato, nello scritto come nel parlato, l’ipotesi di annoiare, che mi ha accompagnato fino alla pensione e anche oltre. Quando da piccolo sentivo un qualsivoglia personaggio che cominciava il suo discorso in pubblico dicendo “innanzitutto desidero ringraziare..”, mi chiedevo spontaneamente “se questa è la prima notizia, chissà la seconda..”.

Ciao a tutti.

Post scriptum:
a dimostrazione che il Cenacolo è sulla notizia, al momento di andare in macchina – come si usava dire una volta – aggiungiamo con una punta di autoironia che il vincitore delle prime due medaglie d’oro ai mondiali di sci a Cortina, l’austriaco Kriechmayr, si chiama Vincent per dichiarata scelta della madre, insegnante d’arte, a ricordo di van Gogh..

Paolo Donà